Per contenere
e definire la sua dinamicissima, volatile presenza si sono mobilitate legioni
di aggettivi, mentre il dilemma riguarda i sostantivi. Bibi è (quasi)
tutto, fuorché quel che sembra; un po' dandy, un po' flaneur, autenticamente
libertario, intimamente puritano, nella migliore accezione del termine;
le ultime due cose sono ovviamente congiunte. Chi l'ha tacciato di snobismo
(o di godardismo d'accatto, ancora peggio) attinge irrimediabilmente alla
schiuma, alla superficie, e d'altra parte li si può capire: non sono
profondità da poco, un pescatore della domenica non può che
rimediarvi un bel bagno. Critico inesorabile quanto pochi in veste ingannevole
di svagatezza edonistica, non lascerà mai intendere apertis verbis
il culto per il rigore della forma (oggetto di inesausta ricerca in proprio,
come autore, all'insegna di un doppiamente meritevole silenzio), né
l'intima fonte, il centro da cui si irradiano teoria e prassi cinematografica;
il Nostro professa, ne siamo persuasi, la composizione (anche conoscitiva)
dell'esperienza vitale in espressione artistica; sarebbe un classicista
(senza "neo", dunque privo di nei) della più bell'acqua;
la sensibilità acuminata per lo spirito dei tempi lo induce a schivare
l'insidia fatale. Infine, l'amorosa consuetudine con Fiori del Male, Educazioni
Sentimentali e Illusioni Perdute ne fortifica il romitaggio spirituale,
la vocazione "imperdonabile". A proposito, parlategli male di
Francois Truffaut; sorriderà, volgendo le spalle. |